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controapologetica
 
Friday, 26 April 2024
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                                   Premessa

 

 

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L’Antico Testamento costituisce, come tutti sanno, la parte di gran lunga più voluminosa della Bibbia.

Parla della creazione del mondo e dei rapporti tra il Signore e il popolo ebraico lungo l’arco di quasi due millenni, a partire dal tempo di Abramo. Contiene le norme date da Dio al suo popolo (la Torah, ossia la Legge), i libri storici che raccontano le vicende di Israele, gli scritti dei profeti (i “maggiori” dei quali sono Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele) e i libri cosiddetti “sapienziali”, tra cui i Salmi e il libro di Giobbe.

 

Al tempo di Gesù la conoscenza del testo era piuttosto diffusa, anche nella versione greca detta “dei Settanta”. Gesù stesso, da buon ebreo, non ha mai perso occasione per citare dai libri biblici, non mancando di precisare la propria posizione nei confronti del testo sacro.

Gli autori del Nuovo Testamento (ossia i quattro evangelisti, nonché Paolo, Pietro, Giacomo e Giuda), seguendo le parole di Gesù, vedevano preannunziata nell’Antico Testamento la sua venuta messianica e l’annuncio del Regno.

 

Si comprende pertanto come per la chiesa nascente fosse praticamente impossibile, nonostante si fosse levata qualche voce in tal senso, rinunciare ad includere i testi veterotestamentari nel proprio canone (anzi, si finì per aggiungervi alcune opere tarde scritte originariamente in greco e perciò non accolte nella “Bibbia ebraica”: gli scritti cosiddetti “deuterocanonici”).

E l’inclusione avvenne in modo integrale, senza che si pensasse di costituire una sorta di antologia di passi ritenuti particolarmente importanti ai fini dell’evangelizzazione.

 

Tale decisione ebbe ricadute senz’altro positive per la spiritualità e in particolare per l’arte, cui fornì una miriade di spunti narrativi e soprattutto figurativi: si pensi agli innumerevoli capolavori che descrivono la creazione, il peccato originale, il Diluvio, la torre di Babele, le gesta di Sansone, la fine di Assalonne, Giuditta trionfante con la testa recisa di Oloferne …

Ma si può esprimere un giudizio altrettanto positivo sotto il profilo pastorale e dell’evangelizzazione?

 

Il problema è vivo tutt’oggi; ne parla tra l’altro il cardinale Ratzinger, oggi papa, nella prefazione a un documento della Pontificia Commissione Biblica del 2001: “Il popolo ebraico e le sue sacre Scritture nella Bibbia cristiana”.

 

Sul piano pratico, la ricezione integrale della Bibbia ebraica ha creato, tra l’altro, una duplice serie di problemi:

 

1) ha introdotto nel nuovo libro sacro una gran quantità di materiale inutilizzabile per la catechesi: interminabili elenchi di nomi di persone e di luoghi, minuziosissime eposizioni di norme e riti poi non accolti nel cristianesimo, dettagli di vicende storiche (soprattutto guerre) importanti solo per gli israeliti, e così via.

In questo modo si è creato uno squilibrio, sotto il profilo quantitativo, tra la mole soverchiante dell’Antico Testamento (avente una funzione essenzialmente propedeutica) e quella esigua del Nuovo, che pure contiene il decisivo messaggio della salvezza per gli uomini di ogni tempo e paese;

 

2) ha proposto al credente cristiano innumerevoli passi in cui Dio o gli uomini di Dio si comportano in modo decisamente scorretto, inaccettabile per la coscienza morale del comune lettore di oggi; passi, quindi, decisamente imbarazzanti per l’apologetica.

 

È invalso l’uso di parlare di pagine “difficili” della Bibbia, con particolare riferimento proprio all’Antico Testamento, per indicare passi che in realtà non sono affatto difficili da comprendere, e perciò neppure da spiegare: nove volte su dieci tali pagine sono difficili da difendere, da giustificare; potremmo parlare quindi di pagine “indifendibili”, ovvero “impresentabili”.

 

Accanto a queste, ve ne sono moltissime altre che potremmo in senso lato definire “strane”, in quanto ci mostrano contraddizioni e inverosimiglianze di vario genere nell’agire di Dio o degli uomini che ne sono strumenti privilegiati.

 

In questa monografia ci occupiamo appunto di alcune di tali pagine. Non prendiamo però in considerazione quelle in cui la “difficoltà” per l’apologetica è rappresentata essenzialmente dal comportamento violento, al limite della brutalità e del sadismo, di Dio in persona o degli esecutori dei suoi ordini.

Ad esse intendiamo riservare un’apposita monografia, dedicata appunto alla “Violenza di Dio nell’Antico Testamento”.

 

 

 

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