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Parlare di Eucaristia
Parlare dell’eucaristia in termini dichiaratamente critici è operazione assai delicata. Si tratta del sacramento che più di ogni altro caratterizza la pratica religiosa dei cattolici e nel quale meglio si esprime la loro spiritualità; ogni rilievo che ne metta in discussione i fondamenti viene quindi percepito dal credente come aggressivo e intrinsecamente blasfemo. Noi tuttavia pensiamo che sia giusto occuparsi dell’eucaristia come ci si occupa di qualunque altro tema o aspetto del deposito della fede, e ciò per un motivo ben preciso. Se è vero infatti che certe considerazioni possono ferire la sensibilità del fedele, è altrettanto vero che in genere i credenti non si rendono minimamente conto di quanto la pratica eucaristica e la relativa dottrina risultino urtanti per chi, privo della loro fede, vede nell’eucaristia un atto contrario ad una delle più elementari norme che, dai primordi della civiltà, regolano la convivenza tra gli esseri umani: il divieto di cibarsi dei propri simili. Cerchiamo di mettere a fuoco tale aspetto della questione nel secondo capitolo, “L'Eucaristia per il credente e per il non credente”. Accanto alla delicatezza dell’argomento, è evidente il problema costituito dalla complessità e dall’astrusità dei concetti di cui è intessuta la dottrina eucaristica. Questo può indurre qualcuno a considerare temerario il nostro tentativo di affrontare una simile tematica nella prospettiva del comune credente e senza disporre di una speciale qualificazione teologica. Ne sutor ultra crepidam, insomma: questi, diamine, sono argomenti da lasciare ai dotti delle università teutoniche e dei pontifici atenei romani. Noi però pensiamo che la più che millenaria riflessione sul mistero eucaristico abbia lasciato, a dispetto del virtuosismo argomentativo e della sofisticata terminologia di Tommaso e compagni, lacune vistosissime nella sistemazione dottrinale che la Chiesa ha dato del più prestigioso dei sacramenti. Quanto poi alla difficoltà di trattare il tema online, per destinatari in gran parte non addetti ai lavori, diremo che, sempre badando a non banalizzare il discorso, abbiamo cercato di esprimerci in termini quanto più possibile semplici. Solo nel capitolo dedicato alla transustanziazione abbiamo dovuto necessariamente toccare alcune questioni di terminologia filosofica. Chi vuole può rinunciare ad approfondire tale tema, passando ai due articoli successivi, che espongono tesi immediatamente comprensibili e, se non ci inganniamo, relativamente originali: la presenza, nella dottrina del sacramento, di due concezioni dell'Eucaristia radicalmente diverse e incompatibili (teste Gesù stesso, le cui precise affermazioni in proposito non vengono però mai considerate); la necessità di definire il rapporto tra il corpo/sangue di Gesù e le specie del pane e del vino nel percorso che queste compiono nell’apparato digerente del fedele che le ha assunte (v. “La metabolizzazione delle specie eucaristiche”). Nei tre capitoli che precedono le conclusioni vengono infine prese rapidamente in esame varie altre difficoltà, contraddizioni, incoerenze più o meno rilevanti (e in qualche caso decisamente singolari) che si possono reperire nella dottrina eucaristica. Alcune di queste “aporie” hanno motivato, a partire dalla Riforma, il rifiuto di tale dottrina da parte dei movimenti protestanti. Con ciò tocchiamo l’ultimo tema di questa nota introduttiva. Noi non ci soffermiamo sulla vexata quaestio della legittimità delle diverse interpretazioni che i cattolici (con gli ortodossi) da un lato e i protestanti dall’altro danno delle parole di Gesù istituenti l’eucaristia (o, per dir meglio, quella che è l’Eucaristia per gli uni e la Santa Cena, o Cena del Signore, per gli altri); vi accenniamo solo brevemente all’inizio del citato capitolo dedicato alla transustanziazione. Possiamo però ricordare che si va da un’interpretazione puramente simbolica, propria ad esempio delle chiese protestanti svizzere che si richiamano a Zwingli, fino alla tesi cattolica della presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel pane e nel vino consacrati, mentre in certo modo intermedia è la dottrina luterana della consustanziazione (uno dei maggiori punti d’attrito con i luterani è costituito dal fatto che essi negano che la presenza del Cristo perduri oltre il termine della celebrazione liturgica, escludendo quindi la possibilità dell’adorazione eucaristica). La Chiesa comunque negli ultimi tempi ha, se possibile, accentuato l’importanza dell’eucaristia, intesa in termini dogmaticamente rigorosi. Ecclesia de Eucharistia, ultima enciclica di Giovanni Paolo II, scritta nel 2002, condanna ogni proposta di celebrazione eucaristica che accolga anche solo qualche elemento di tradizioni estranee all’ortodossia cattolica, sia sul piano dottrinale che su quello liturgico. Questo fa sì che il problema dell’intercomunione sia divenuto forse il più serio ostacolo ad ogni forma di ecumenismo. Tornano alla mente le parole di Gesù: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione”. “Sono infatti venuto a separare l'uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa” (Lc 12, 51; Mt 10, 35-36). Orbene, possiamo dire che questo è senz’altro uno degli obiettivi della Redenzione che meglio si sono realizzati. E sotto questo profilo l’eucaristia ha valore emblematico: il sacramento della comunione si presenta come il principale motivo di disunione. Sublimi misteri della Storia della salvezza.
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