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Wednesday, 02 July 2025
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       Le radici cristiane - non giudaico-cristiane -                                   dell'Europa 

 

 

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L’ostinato rifiuto di menzionare le radici cristiane dell’Europa nella Costituzione della nuova comunità, lungi dall’essere una decisione illuminata e coraggiosa, appare una vera e propria manifestazione di oscurantismo.

Se infatti cerchiamo qualcosa che possa accomunare, da un estremo all’altro del continente, l’Irlanda e la Grecia, il Portogallo e la Lituania, troveremo in primo luogo gli edifici sacri, ossia le chiese cristiane.

E nella pianta di queste chiese individueremo quella figura, la croce, che è poi presente da secoli, in varie forme e a vario titolo, in un’enorme quantità di simboli ed oggetti d’uso corrente, dalle bandiere alle collanine; tanto che la croce rossa dello stemma di Milano, effigiata sulle maglie di una squadra calcistica della città, ha persino suscitato le proteste indignate di ambienti fondamentalisti turchi.

 

Accanto alle chiese, il cristianesimo ha dato alla cultura europea, con l’Antico e il Nuovo Testamento, un eccezionale patrimonio di immagini per la pittura e la scultura.

E oltre a ciò ha fornito con la Bibbia stessa lo strumento più comune e più collaudato per l’alfabetizzazione. La Bibbia poi non è stata solo l’opera di gran lunga più diffusa per quasi due millenni nell’ecumene europeo, ma anche quella che ha inaugurato con Gutenberg l’era moderna della cultura.

 

Sia chiaro che non ci interessa qui puntare sulla maggiore o minore positività dell’influsso plasmatore della Chiesa, sottolineando il suo ruolo ad esempio nel campo dell’assistenza, dell’educazione, della scienza.

Al di là delle luci e delle ombre che ciascuno è libero di vedere nella sua azione, è un dato di fatto che tale influsso vi è stato e ha marcato profondamente i lineamenti della civiltà europea; tanto che risulta a tutt’oggi chiaramente visibile sotto forma di caratteristiche accomunanti paesi che per la distanza geografica non hanno praticamente mai avuto alcun contatto né hanno mai fatto parte di uno stesso organismo politico.

In termini banali, diremo che il cristianesimo è il collante che più ha agito, nel corso dei secoli (ben più a lungo dell’impero romano, nonché su un’area più vasta), per tenere uniti popoli diversi per lingua, per indole, per specificità culturali.

 

In quella stessa Francia che più si è opposta, in nome della laicità, alla menzione delle radici cristiane dell’Europa, sarebbe assurdo ad esempio ignorare lo spirito di fede che animò l’azione di Giovanna d’Arco, la figura forse più popolare e prestigiosa (anche in chiave nazionalistica) della storia francese.

Certo, la pulzella non lottò contro i musulmani (cosa che fecero peraltro Carlo Martello e Carlo Magno!), ma la sua fu comunque una battaglia condotta in nome della fede; così come lo fu più tardi, con conseguenze tragiche, la Guerra dei trent’anni, da cui uscì l’Europa moderna.

Il che significa che la religione, pur se accanto ad essa giocarono parecchi altri fattori di natura ben diversa, ha avuto un ruolo determinante (e ha lasciato un’impronta) anche in negativo. Resta il fatto che della storia dell’Europa non si capisce nulla se si ignora la sua componente religiosa, che è cristiana.

 

Detto questo, va precisato che, mentre sacrosanta è la richiesta di menzionare le radici cristiane dell’Europa, ci pare invece del tutto ingiustificata la pretesa di definire tali radici “giudaico-cristiane”. Ciò per un triplice ordine di ragioni.

 

 

1) Ragioni di coerenza intellettuale

 

Nel cristianesimo è già contenuta una buona dose di giudaismo, poiché dal tronco del giudaismo esso è nato. La Bibbia comprende l’Antico e il Nuovo Testamento: l’Antico Testamento costituisce appunto la componente giudaica del cristianesimo.

In altri termini: le radici dell’Europa sono cristiane, mentre quelle del cristianesimo sono giudaiche. Ma nella Costituzione europea si devono menzionare le radici dell’Europa, non le radici del cristianesimo. Altrimenti a qualcuno potrebbe un giorno venire la bizzarra idea di specificare anche le radici del giudaismo.

 

 

2) Ragioni storiche

 

 Si ricorda spesso, giustamente, che nel medioevo si formò la respublica christiana. Bene: si provi a pensare come avrebbero reagito i protagonisti del plurisecolare evento se si fosse chiesto loro di definirla - ci si perdoni il neologismo – judaico-christiana!

 

Al di là di ogni polemica, è un dato oggettivo che per quasi due millenni la cristianità ha avuto rapporti difficili con l’ebraismo.

La componente veterotestamentaria era accettata in quanto profezia implicita del Cristo, destinata poi a venire “compiuta” – e quindi assorbita e in certo senso superata – nel Nuovo Testamento.

Gli ebrei stessi venivano spesso demonizzati in quanto eredi del popolo deicida, al punto che la menzione dei “perfidi Giudei” fa discutere ancora oggi, pur dopo la svolta conciliare e la solenne richiesta di perdono di Giovanni Paolo II.

 

Ed è pure un dato di fatto che i grandi europei di appartenenza ebraica che diedero un contributo particolare alla civiltà umana - da Spinoza a Bergson, da Marx a Freud e ad Einstein - erano tutti estranei alla fede giudaica o addirittura ad essa apertamente e dichiaratamente ostili.

 

 

3) Ragioni di opportunità

 

Se si considera quanto sia difficile tenere distinti il puro e semplice antisemitismo (con le sue molteplici motivazioni) dall’avversione diffusa per la cinquantennale politica dello stato di Israele, si comprende immediatamente che insistere sull’attribuzione di un ruolo particolare degli Ebrei nella formazione della civiltà europea significa suscitare inutilmente ulteriori resistenze, moltiplicando gli oppositori alla menzione delle radici cristiane dell’Europa.

 

Considerando quanto si è detto nei primi due punti, non è possibile tacciare di opportunismo simile atteggiamento di elementare cautela: noi abbiamo posto la questione in termini di opportunità e inopportunità.

Vogliamo cioè sottolineare quanto sia improvvido procurarsi difficoltà supplementari sul piano pratico quando non sussistono validi motivi per farlo neppure sul piano teorico.   

 

 

 

 

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