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Wednesday, 24 April 2024
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                           La tomba vuota. Rassegna dei testi

[Esposizione del contenuto dei racconti pasquali limitatamente alla scoperta del sepolcro vuoto e alle apparizioni alle donne o a singoli discepoli]

 

 

Matteo

 

Il mattino della domenica alcune donne si recano al sepolcro di Gesù.

 

Ora: è l’alba. Protagoniste: due donne, Maria Maddalena e “l’altra Maria”. Scopo: visitare (propriamente: “contemplare”) la tomba.

 

“Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve”.

Dalla struttura linguistica risulta chiarissimo che il terremoto si produce quando le due donne giungono alla tomba o sono almeno nelle sue vicinanze. L’espressione usata: “Ed ecco che  …” vuole infatti rendere l’immediatezza visiva dello spettacolo che si offre agli occhi delle protagoniste appena menzionate; e l’accenno all’aspetto dell’angelo, tale da sucitare un’impressione vivissima, ribadisce che si tratta di una scena che si svolge alla loro presenza.

È importante notare questo particolare perché, come vedremo più ampiamente in seguito, pone grandi problemi agli esegeti.

 

L’aspetto dell’angelo “era come folgore e la sua veste bianca come la neve”.

Per timore di lui le guardie tremano e restano “come morte”. L’angelo si rivolge allora alle donne, dicendo: “Non temete, voi [col che distingue chiaramente la situazione delle donne da quella delle guardie]; so infatti che cercate Gesù il crocifisso”.

Come si vede, il nunzio celeste prende l’iniziativa del colloquio e mostra di conoscere, com’è d’altronde ovvio, lo scopo della ricerca delle donne. Non sarà così nel racconto di un altro evangelista.

 

L’angelo prosegue poi dando spontaneamente l’informazione fondamentale (“Non è qui. È risorto”) e sottolineando che ciò è avvenuto in adempimento di un preannunzio di Gesù stesso: “È risorto, come aveva detto”. Invita poi le donne ad ispezionare la tomba ormai vuota: “Venite a vedere il luogo dove era deposto”.

Dicendo “Venite” fa intendere di trovarsi più vicino alla tomba di quanto non siano per il momento le donne; forse si trova davanti all’ingresso. Dovremmo comunque sempre considerarlo seduto sulla pietra che egli stesso ha rotolato via dall’apertura del sepolcro.

 

All’informazione e all’invito segue un ordine esplicito per le donne: devono mettersi senza indugio in cammino per comunicare ai discepoli: “È risuscitato dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”.

Dunque: vi è da annunciare l’avvenuta risurrezione e da trasmettere un ulteriore ordine, questa volta per i discepoli stessi: recarsi in Galilea, dove potranno vedere il Risorto, che colà si appresta a precederli.

 

Le donne obbediscono: partono immediatamente dal sepolcro e, con timore e grande gioia, vanno di corsa a recare l’ambasciata ai discepoli.

Se non che accade un imprevisto: “Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: ‘Salute a voi’. Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono.”

Inutile dire che dopo l’annuncio dell’angelo nessuno si sarebbe aspettato di veder comparire sulla scena Gesù in persona. Ma quel che più sorprende è leggere che lo scopo dell’apparizione è proprio quello di ripetere pressoché letteralmente l’annunzio-ordine dell’angelo: “Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno” (v.10).

 

Per quanto riguarda la reazione degli apostoli all’annunzio recato dalle donne, si dovrebbe ritenere che essa fu positiva: dopo l’inciso delle guardie al sepolcro, il v. 16 si collega perfettamente col v.11, mostrando adempiuto l’ordine dato da Gesù tramite le donne (certo, resterebbe da chiarire come e quando Gesù aveva indicato quel monte; ma supporre un rifiuto di credere alla donne, seguito poi da altri contatti e comunicazioni, è fantaesegesi; e se così fosse, al solito, dovremmo dire che Matteo si è comportato da illetterato: l’esegeta quindi farebbe far la figura dell’insipiente all’evangelista, ovvero l’evangelista ai protagonisti).

 

Del racconto di Matteo relativo alla scoperta della tomba vuota e delle apparizioni alle donne occorrerà dunque tener presenti soprattutto due punti, che suscitano più d’una perplessità, anche  a prescindere dal confronto col racconto degli altri evangelisti: il terremoto e la repentina apparizione di Gesù, che suona indiretta sconfessione delle parole dell’angelo, e comunque rivela una strana carenza di coordinamento tra le varie iniziative del Cielo.

A ciò ovviamente si aggiunge, come vedremo ampiamente nel prossimo capitolo, il problematico rapporto tra questa cristofania e l’apparizione alla sola Maddalena di cui ci parla Giovanni (e che viene menzionata pure da Marco).

Sono questi i punti che creano i maggiori problemi all’apologetica, la quale cerca di “occultarli” il più possibile.

 

 

     Marco

 

      Il racconto del secondo vangelo relativo alla scoperta della tomba vuota da parte delle donne occupa esattamente i primi otto versetti dell’ultimo capitolo, il 16°. Corrisponde cioè alla parte autentica del testo, dato che i successivi versetti 9-20, che costituiscono la cosiddetta “finale lunga”, sono un’aggiunta successiva quasi certamente dovuta ad altro autore.

Vediamo ora quali sono i dati forniti da Marco, al fine di individuare i punti di accordo e quelli di contrasto rispetto al resoconto di Matteo.

 

Le donne che si recano alla tomba sono tre anziché due; accanto alla Maddalena e a Maria di Giacomo (che potrebbe corrispondere all’ “altra Maria” di Matteo), figura Salome.

L’ora è indicata in modo piuttosto contraddittorio: “E al mattino presto, il primo giorno dopo il sabato, vengono al sepolcro al sorgere del sole” (in Matteo avevamo “all’alba”).

Lo scopo della visita non è solo quello di “osservare” il sepolcro, come in Matteo, bensì quello di ungere (“imbalsamare”) il cadavere; in vista di ciò, le tre donne hanno espressamente acquistato aromi.

 

      Mentre camminano si mostrano preoccupate perché non sanno come potranno penetrare nella tomba, che sanno sbarrata da una porta assai pesante: “Chi ci rotolerà la pietra dalla porta del seplocro?” 

Giunte nei pressi della meta hanno però la lieta sorpresa di vedere che la pietra è già stata rotolata via.

Da questa situazione scaturiscono varie differenze importanti rispetto al racconto di Matteo:

 

1) non vi è traccia di terremoto (in ogni caso si tratterà di cosa ormai avvenuta, cui le donne non assistono);

2) non è visibile alcun angelo all’esterno del sepolcro;

3) le donne prendono spontaneamente l’iniziativa di entrare nella tomba, senza essere invitate a farlo da alcuno.

 

Solo dopo essere entrate vedono “un giovane” (non si dice esplicitamente che sia un angelo) seduto sulla destra, avvolto in un abito bianco. Non vi è, come in Matteo, la sottolineatura dell’aspetto richiamante la folgore e la bianchezza della neve.

Ciò nonostante (e benché si parli di un “giovane” anziché di un essere soprannaturale), la sensazione di paura delle protagoniste, che nell’altro racconto era accennata solo alla fine (e per di più associata alla “gioia grande”), qui viene messa in primo piano, tanto da risultare in seguito addirittura paralizzante: le donne “si spaventarono”.

A questo punto prende la parola il giovane, e le differenze rispetto a quanto detto dall’angelo di Matteo sono secondarie: a parte l’omissione del “voi” enfatico che differenzia la situazione delle donne rispetto a quella delle guardie, vediamo che il giovane, coerentemente, essendo già le donne nel sepolcro, anziché invitarle ad entrare, le invita a vedere il luogo della sepoltura.

 

L’ordine da trasmettere ai discepoli è il medesimo: andare in Galilea, dove potranno vedere Gesù, che ivi li precederà.

Con due varianti, però:

 

1) l’ordine va recapitato “ai suoi discepoli e a Pietro”;

2) alla fine, troviamo “Là lo vedrete, come vi ha detto”, anziché “Là lo vedrete. Ecco, ve l’ho detto”, come figura in Matteo.

 

Variante, quest’ultima, che depone piuttosto sfavorevolmente circa la fedeltà dei resoconti evangelici alla storia o anche solo alle fonti da cui derivano: il desiderio di mantenere una malintesa fedeltà formale ha indotto un evangelista (presumibilmente Matteo) ad attribuire all’angelo quel che vien detto di Gesù (o viceversa).

Il particolare non è affatto privo di rilevanza, in quanto la versione marciana (probabilmente più antica) ribadisce un concetto importante, ossia che Gesù aveva a suo tempo già dato agli apostoli il medesimo ordine (precisamente durante l’Ultima cena). 

 

La differenza di gran lunga più importante fra Marco e Matteo la troviamo comunque nell’ultimo versetto: le donne, “uscite, fuggirono via dal sepolcro, perché le aveva prese timore e spavento”. E, soprattutto, “non dissero niente a nessuno, perché avevano paura”.

Qui abbiamo una divergenza di notevole rilievo, in quanto suscettibile di incanalare gli sviluppi successivi in una direzione diversa.

 

Se ora facciamo un bilancio delle discordanze tra Marco e Matteo comprese in questo breve inventario, possiamo dire che alcune di esse, relative al numero delle donne, all’ora di arrivo al sepolcro, e anche allo scopo stesso della visita (discordanze che pure hanno dato molto filo da torcere all’esegesi devota) possono venire considerate varianti accettabili - dovute al processo di trasmissione delle informazioni - di racconti sostanzialmente coincidenti.

Il fatto che l’angelo presente nel sepolcro non venga designato espressamente come tale può pure rientrare nelle diverse modalità espressive in uso per indicare simili interventi celesti.

 

Non possiamo dire la stessa cosa per l’assenza del terremoto, nonché di angeli all’esterno del sepolcro, nel quale le donne entrano senza essere state invitate a farlo.

Qui chiaramente la situazione è assai diversa: l’impressione provata da chi ha vissuto questi eventi non può essersi tanto sbiadita da lasciar deformare il ricordo sino a questo punto. Le divergenze divengono quindi sospette, in quanto spia della presenza di materiali non provenienti dal ricordo diretto dei testimoni (v. Il mito del vissuto, nella seconda monografia).

 

Di rilevante importanza è inoltre, come si è detto, il silenzio delle donne che per paura non compiono la missione di annuncio loro affidata dall’angelo.

A questo particolare va naturalmente aggiunto il fatto che, mentre in Matteo le donne dopo aver lasciato il sepolcro incontrano Gesù, in Marco questo non viene detto.

 

Nei versetti aggiunti successivamente, il primo incontro col Risorto viene attribuito alla Maddalena, ma non si dice né dove né quando sia avvenuto.

Del resto, il fatto che la donna sia presentata come sola a fruire dell’apparizione, mentre il v. 8 ce la mostra ancora insieme alle due compagne, induce proprio a pensare che l’incontro con Gesù sia avvenuto in altra occasione, e quindi non possa in alcun modo venire identificato con quello descritto da Matteo.

 

Un’ultima considerazione. Abbiamo accennato al particolare delle donne timorose di non essere in grado di rimuovere la pietra che sbarrava l’ingresso del sepolcro. Esso pone numerosi problemi di verosimiglianza, per cui lo esamineremo quando tratteremo di tutti quegli elementi che, a prescindere da eventuali contraddizioni con altri racconti, risultano in se stessi poco verosimili (v. il capitolo Inverosimiglianze a grappolo).

 

 

Luca

 

     Esaminiamo ora il racconto di Luca per segnalare i punti di contrasto rispetto a quelli di Matteo e di Marco.

 

Il numero delle visitatrici qui è più consistente: accanto alla Maddalena, sempre menzionata, e a Maria di Giacomo, presente in Marco e forse in Matteo, figurano Giovanna e “le altre donne che erano con loro”.

L’ora è il “mattino profondo”. Lo scopo della visita, si deduce, è quello stesso dichiarato da Marco (ma non da Matteo), ossia quello di ungere il cadavere, dato che ci vien detto che le donne giungono “portando con sé gli aromi che avevano preparato”.

Manca però qualsiasi accenno al problema della possibilità concreta di penetrare nella tomba chiusa dalla grande pietra. Come in Matteo e in Marco, comunque, all’arrivo delle visitatrici la pietra appare già rimossa.

Per il resto, la situazione appare la stessa descritta da Marco (in contrasto con Matteo): non si fa cenno del terremoto, non risulta visibile alcun angelo e le donne entrano di loro iniziativa nel sepolcro.

 

A questo punto sopraggiungono differenze anche rispetto al racconto di Marco (e proseguono quelle rispetto a Matteo, che qui segue Marco assai da vicino):

 

1) gli angeli (indicati come “uomini in veste sfolgorante” sono due anziché uno;

2) compaiono improvvisamente alle donne mentre queste si trovano all’interno della tomba (procurando loro un vivo timore, sentimento questo in effetti presente anche in Marco, nonché - unito però a una grande gioia - in Matteo);

3) il messaggio che trasmettono è sensibilmente diverso rispetto a quello riferito dai primi due evangelisti: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi di come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno”.

 

Due sono le differenze che colpiscono:

 

1) manca l’ordine agli apostoli di recarsi in Galilea a incontrare Gesù.

Con una sorta di gioco di prestigio, parole assai simili (si parla sempre di Gesù e della Galilea) vengono piegate a significare tutt’altra cosa; i critici concordi vedono qui un “intervento redazionale” (noi possiamo tranquillamente definirlo "manipolazione") operato da Luca sulla sua fonte per togliere ogni giustificazione a un’andata degli apostoli nella regione del Nord, dato che egli intendeva, per suoi motivi teologici, presentare apparizioni solo in Giudea.

Di passaggio, vale la pena di ricordare come tale falsificazione sia presentata in modo elogiativo da Benoit: per lui l’evangelista “gira la sua frase in modo da non parlare di un appuntamento in Galilea […]. Abile scrittore, Luca sa trarsi d’impaccio con acutezza”.

Alla faccia della “sincerità e verità” con cui, secondo la “Dei verbum”, gli evangelisti riferiscono su Gesù!

 

2) si ribadisce che Gesù aveva esplicitamente prennunziato sia la crocifissione che la risurrezione.

Inutile dire che si tratta di una circostanza assai importante. E lo risulta ancor di più se si pensa che le donne, come dice il testo, “si ricordarono delle sue parole” (non è possibile intendere che si siano ricordate delle parole dell’angelo, il che sarebbe una banalità assoluta): ciò significa che tali preannunzi non furono esternazioni riservate a pochi intimi.

Del resto, l’angelo stesso dice “ricordatevi di come vi parlò”, alludendo in modo inequivocabile a comunicazioni dirette anche alle donne (e quindi, presumibilmente, a una vasta cerchia di discepoli, se non addirittura pubbliche: Matteo ci informa che anche i Giudei si mostrano perfettamente al corrente dei preannunzi di risurrezione).

 

La reazione delle donne al messaggio è diversa rispetto a quella vista in Marco (dove esse, impaurite, non dicono nulla a nessuno) e ha sviluppi diversi rispetto a quella descritta da Matteo (dove esse corrono sì per avvisare gli apostoli, ma lungo la via incontrano Gesù).

Qui le donne vanno a recare l’annunzio “agli Undici e a tutti gli altri”: si badi la precisazione, da cui ricaviamo che gli apostoli fanno gruppo unico con un imprecisato numero di altri discepoli.

 

Per quanto riguarda infine la reazione dei destinatari all’annunzio recato dalle donne, non possiamo confrontarla col testo di Marco, dove le donne non recano alcun messaggio; possiamo però considerarla diversa da quella ottenuta dalle donne di Matteo, le quali, par di capire, vengono credute, visto che ottengono il risultato di far effettivamente andare gli Undici in Galilea.

In Luca le donne non vengono credute, in quanto considerate vittime di un “vaneggiamento”, di un’ “allucinazione”.

Ciò nondimeno si assiste a uno sviluppo imprevedibile: Pietro (proprio lui e solo lui: su questo dovremo ritornare) si muove di corsa per andare, ad ogni buon conto, a dare un’occhiata: “e, chinatosi, vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto”.

Va detto che questo versetto 12, che prospetta una situazione che ritroveremo nel racconto di Giovanni, non è da tutti considerato autentico.

 

Restano da ricordare, circa la scoperta del sepolcro vuoto in Luca, un paio di accenni che figurano nel famoso episodio di Emmaus.

I due pellegrini infatti confermano la versione ora vista dell’annunzio ricevuto dai discepoli: “Alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti: recatesi dal mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo”.

E confermata risulta anche la reazione dei discepoli, che però non viene attribuita al solo Pietro: “Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto”.

 

Alla fine dell’episodio troviamo poi l’annuncio decisivo, da parte degli Undici: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”.

Ciò attribuisce al principe degli apostoli la priorità nella visione “individuale” del Risorto, e coincide con l’informazione dataci da Paolo.

Non possiamo però affermare con certezza che ciò implichi smentita della priorità attribuita alla Maddalena da Matteo (che ci presenta la protagonista insieme all’ “altra Maria”), da Marco (nella “finale lunga”, v. 9) e da Giovanni, come vedremo tra poco.

Non possiamo farlo perché non è possibile escludere che la priorità della donna (e, in Matteo, della sua compagna) non sia stata indicata in quanto ritenuta non significativa. 

 

 

Giovanni

 

Il racconto del quarto vangelo relativo alla scoperta della tomba vuota occupa i primi 18 versetti del cap. 20. È composto di due soli episodi, incentrati l’uno sulla Maddalena, l’altro su Pietro e Giovanni.

La singolarità sta nella struttura a incastro: dopo i primi due versetti che mostrano in azione la donna, inizia l’altra “pericope”, che mette in scena i due apostoli e si conclude al v. 10. Dal versetto successivo la donna ridiventa protagonista solitaria.

Secondo non pochi esegeti, i due episodi erano in origine indipendenti, e sono stati “montati” in  una struttura unitaria con un procedimento che lascia ancora scorgere la sutura, in quanto il v. 2 si potrebbe collegare direttamente al v. 11.

Vedremo che tale ipotesi ha dalla sua un argomento di notevole peso. Non abbiamo invece alcuna possibilità di esprimerci circa la presunta maggiore “arcaicità” dell’episodio riguardante gli apostoli.

 

Maria Maddalena – sola – giunge al sepolcro “di buon mattino, quand’è ancora buio, e vede che la pietra è stata ribaltata dal sepolcro”.

Qui notiamo innanzitutto che la donna non scorge alcun angelo, a differenza di quanto accade alle visitatrici di cui ci parlano Matteo e Marco.

Ma ancora più importante è il fatto che la protagonista reagisce senza dubbio in modo poco adeguato alla situazione, per non dire poco assennato: non risulta che getti neppure uno sguardo all’interno della tomba. Questa sarebbe stata una reazione assolutamente normale: un minimo di sana curiosità avrebbe dovuto indurre a cercare qualche informazione supplementare di fronte all’inquietante novità che si era presentata.

Tra l’altro, se la Maddalena avesse guardato nel sepolcro, avrebbe forse potuto vedere quegli angeli che vedrà più tardi; o addirittura, chissà, qualcosa dei lini funerari la cui posizione parrà poi così eloquente all’ “altro discepolo”.

 

Resta il fatto che risulta assolutamente gratuito quel che essa comunica gridando ai due apostoli: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”. La donna in sostanza abbraccia immediatamente la tesi del furto del cadavere, benché non abbia neppure verificato che la tomba, che lei ha visto aperta, sia effettivamente vuota.

E si noti che essa poteva benissimo essere aperta perché dentro vi era già qualcuno intento a ungere la salma!

Per di più, la donna fornisce agli apostoli un’informazione che alla luce dei racconti di tutti i sinottici risulta errata: dicendo “non sappiamo” attribuisce la sua stessa ignoranza anche alle compagne (che, secondo quanto immagina l’esegesi “concordista”, la seguivano a breve intervallo).

 

Qui comincia l’episodio che ha per protagonisti i due apostoli: Giovanni correndo giunge per primo al sepolcro, ma per deferenza attende che primo ad entrarvi sia Pietro.

Il giovane scorge dall’esterno i lini funerari in una posizione che gli appare forse già rivelatrice; la rivelazione (“vide e credette”) in ogni caso si compie quando egli, entrato a sua volta nella camera mortuaria, può contemplare a suo agio la scena.

A Pietro quello spettacolo sembra invece non dire nulla. I due non scambiano tra loro neppure una parola e se ne tornano donde erano venuti.

 

A questo punto riprende l’episodio di Maria Maddalena, “che stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva” (si dovrebbe supporre che sia tornata seguendo Pietro e Giovanni, attendendo poi per discrezione un poco in disparte).

Riferiamo qui l’episodio per sommi capi, in quanto, essendo proprio del solo Giovanni, poco si presta a confronti in chiave contrastiva con gli altri racconti. Vi ritorneremo sopra più avanti per esaminarlo sotto il profilo della coerenza interna.

 

La Maddalena dunque scorge nel sepolcro due angeli "seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù". Richiesta del motivo del suo pianto, la donna risponde loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”.

Poi, voltatasi, scorge Gesù senza però riconoscerlo, per quanto anch’egli le chieda perché pianga e chi cerchi. Scambiatolo per il custode del giardino, la donna lo supplica di rivelarle dove abbia portato la salma, qualora sia stato lui a sottrarla.

Ma lo riconosce quando egli la chiama per nome; al che (voltatasi di nuovo!) risponde con un “Rabbunì, che significa ‘Maestro’”. 

 

Segue la famosa scena del cosiddetto “Noli me tangere” (lo indichiamo col nome tradizionale, in uso per secoli anche nell’arte figurativa, anche se ora l’esegesi preferisce tradurre “Non mi trattenere” anziché “Non mi toccare”): “Gesù le disse: ‘Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ da miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro e Dio mio e Dio vostro’”.

La donna va ad annunziare ai discepoli che ha visto il Signore e che lui “le ha detto queste cose”. Da notare che Giovanni non precisa se i discepoli le credettero o no (ricordiamo che la donna, sola o in compagnia, risulta non creduta in Marco e in Luca – a parte la personale iniziativa di verifica da parte di Pietro -; presumibilmente creduta invece in Matteo).

 

È quasi superfluo notare la clamorosa differenza tra quel che accade alla Maddalena di Giovanni (che vede il sepolcro violato e se ne dispera, correndo a chiamare i due apostoli) e l’avventura toccata alla Maddalena di Matteo, che sente l’annuncio dell’avvenuta risurrezione e subito dopo vede addirittura il Risorto.

Va poi sottolineato che l’ “eterogeneità” sopra accennata fra i due episodi del racconto di Giovanni ha un riscontro inequivocabile nel contrasto fra ciò che i rispettivi protagonisti – i due apostoli da un lato e la Maddalena dall’altro – scorgono guardando nel sepolcro: in un caso la tomba appare deserta, e al centro della scena stanno con tutta la loro enigmaticità le bende funerarie; nell’altro, al contrario, non vi è traccia alcuna di bende (la donna comunque non nota assolutamente nulla), mentre sono presenti nientemeno che due angeli.

 

Se consideriamo che le due “ricognizioni” dovrebbero essersi svolte a distanza di pochi minuti, se non di pochi secondi, l’una dall’altra, abbiamo veramente la sensazione di trovarci di fronte a due tombe diverse, appartenenti a due pianeti diversi.

Schizofrenia già di per sé tale da minare alle fondamenta tutte quelle interpretazioni che, puntando sull’episodio degli apostoli alla tomba, e in particolare sul “vide e credette”, vorrebbero addirittura riconoscervi una sorta di prova cifrata della risurrezione di Cristo. Su questo tema, di vitale importanza, torneremo nel capitolo La presunta ‘prova’ della Risurrezione. 

 

(Sulle differenze tra le due epifanie alla Maddalena in Matteo e in Giovanni ci si sofferma nell’ultimo paragrafo del capitolo seguente, “Le due apparizioni alla Maddalena: quale soluzione?”.     

Sulle “stranezze” contenute in Gv 20, 1-18 si veda poi Il nonsense di Gv 20.)

 

 

Paolo

 

L’accenno di Paolo alle apparizioni pasquali di Gesù, contenuto nella prima lettera ai Corinzi (15, 3-8), è talmente conciso che ci pare opportuno trascriverlo integralmente, senza neppure rispettare la distinzione tra apparizioni “individuali” e “collettive”:

 

3 Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, 4 fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, 5 e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. 6 In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. 7 Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. 8 Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto.

 

Qualche breve considerazione:

 

1) Come ammette candidamente una nota della Bibbia TOB, è difficile, e forse vano, far coincidere queste apparizioni con quelle raccontate nei vangeli”. Non è neppure il caso di commentare.

2) Particolarmente interessante è il v. 6, relativo a un’apparizione su cui ritorneremo (v. L’asserita apparizione ai Cinquecento).

3) Paolo non menziona alcuna apparizione alle donne; esamineremo tale circostanza nella conclusione del cap. Le donne come testimoni, nella seconda monografia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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