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controapologetica
 
Friday, 19 April 2024
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                             Il corpo glorioso

 

 

 

Il problema

 

Un problema particolare su cui l’apologetica deve impegnarsi per conciliare dati contrastanti forniti dai singoli vangeli è quello dello “statuto” del corpo del Risorto.

 

Su un punto tutti gli esegeti concordano: essendo la risurrezione di Gesù qualcosa di radicalmente diverso da una “rianimazione” del tipo di quella di Lazzaro, il suo corpo ha uno statuto diverso da quello dei comuni mortali, nonché da quello dello stesso Gesù prima della morte (dal che deriverebbe la difficoltà di riconoscerlo durante le apparizioni).

Secondo i più, si tratta di un corpo “glorioso” (perché Gesù risorgendo è entrato nella gloria), simile a quello che avranno i beati dopo il Giudizio universale: il corpo spirituale, ovvero pneumatico, di cui parla Paolo nel XV capitolo della Prima Lettera ai Corinzi.

 

Ma se si considerano attentamente le modalità di apparizione del Risorto negli episodi che ci vengono riferiti dagli evangelisti, ancora una volta si nota, come si è detto, la presenza di numerosi dati contrastanti, che rendono problematica la definizione dello statuto del corpo del Gesù pasquale.

 Sarà forse opportuno ricordare che secondo l’autorevole “Catechismo tridentino” le proprietà dei corpi dei beati, oltre all’impassibilità (immunità dal dolore) e alla luminosità, comprendono l’agilità (“per cui il corpo verrà liberato dal peso […] e con grandissima facilità potrà muoversi verso quella parte dove l’anima vorrà”) e la sottigliezza (“la quale pone il corpo completamente sotto l’impero dell’anima, così da servirla con immediatezza”).

 

Nel nostro caso interessano soprattutto queste due ultime prerogative, che sembrano conferire al corpo l’immaterialità, ossia una sorta di “inconsistenza” fisica, di emancipazione dall’inerzia della materia.

 

Tale natura del corpo del Risorto trova in effetti una conferma nel fatto che egli compare improvvisamente agli apostoli che sono riuniti nel cenacolo a porte chiuse (passa dunque attraverso i muri, o attraverso le porte stesse), e pure improvvisamente scompare alla vista dei due discepoli di Emmaus; così come prodigiosamente si sottrae allo sguardo dei discepoli al momento dell’Ascensione.

Ma viene smentita da una serie di altri dati che i vangeli stessi ci forniscono, col chiaro intento apologetico di provare la realtà della Risurrezione.

 

 

La verifica della corporeità del Risorto 

 

Per mostrare infatti che i discepoli non furono vittime di allucinazioni, i racconti pasquali insistono proprio sulla corporeità, sulla fisicità, si potrebbe dire sulla materialità del corpo di Gesù.

Questi invita provocatoriamente gli sbalorditi astanti a toccarlo: “Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”. (Per la verità, la logica esibita da Gesù non è cristallina: sarebbe stato facilissimo ribattergli che un corpo fatto di carne e di ossa non passa attraverso i muri come aveva appena fatto lui; ma a quanto pare nessuno dei discepoli ebbe la presenza di spirito di farlo.)

 

Notissimo è l’episodio in cui l’incredulo Tommaso viene sollecitato a porre il dito nella piaga aperta dal colpo di lancia, e quindi a toccare il corpo del Maestro; ma toccare significa incontrare resistenza (in questo caso all’avanzamento del dito), e ciò a sua volta implica presenza di materia (res extensa) dello stesso tipo, ossia dotata, tra l’altro, della proprietà dell’impenetrabilità (quell’impenetrabilità che pare invece esclusa dal passaggio di Gesù attraverso le porte serrate).

Con ciò il corpo del Risorto appare essere radicalmente diverso, ad esempio, da quello delle anime dell’inferno e del purgatorio danteschi, le quali, “ombre vane, fuor che ne l’aspetto”, sono di  regola incapaci (pur se le eccezioni per esigenze poetiche sono numerose) di contatto fisico con un corpo reale, come pure tra loro stesse (vedi gli episodi di Dante e Casella e di Stazio e Virgilio).

Questo statuto del corpo di Cristo è confermato dagli abbracci della Maddalena, sola (in Giovanni) o con “l’altra Maria” (in Matteo).  

 

In sostanza: per mostrare che egli è realmente risuscitato, e non è uno “spirito” - ossia una sorta di fantasma, un puro effetto ottico, privo di consistenza, quale gli apostoli avevano avuto l’impressione di vedere (cfr. Lc 24, 37) -, Gesù va oltre, e finisce per avvalorare la tesi di una sua materialità, che è esattamente l’opposto del corpo glorioso.

Si può richiamare, per un confronto, lo statuto teologico della realtà eucaristica: la presenza del Cristo sotto le specie del pane e del vino è reale, ma non per questo è fisica. Nei racconti pasquali, invece, l’accento posto sulla realtà della Risurrezione finisce per proclamare proprio la fisicità del corpo del Risorto. Ne vedremo tra poco una conferma da parte del Magistero stesso.

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Va detto comunque che, dato che la “prova del dito” presuppone una impenetrabilità del corpo di Gesù, mentre il suo ingresso attraverso le porte chiuse la esclude, la contraddizione toglie ogni valore alla prova stessa.

Possiamo dire che il corpo del risuscitato ha in effetti uno statuto camaleontico. 

 

 

Problemi vari

 

Accanto alla scena che ha per protagonista Tommaso (nel quarto vangelo), la prova più esplicita della fisicità del Gesù pasquale è quella della dimostrazione che egli dà offrendosi di mangiare qualcosa: il famoso pezzo di pesce arrostito (nel vangelo di Luca; vi si potrebbe accostare la colazione a base di pane e pesce fatta con i sette sulle rive del Lago di Tiberiade, ma in tale occasione non risulta chiaro se mangi anche Gesù).

Pure in questo caso, ovviamente, riesce difficile attribuire al Risorto un corpo glorioso. Vengono perciò spontanee un paio di domande, che possono sembrare indiscrete ma che, al fine di stabilire la reale natura di questo corpo, non sono meno pertinenti dei gesti dimostrativi che egli compie:

 

- Il pesce mangiato da Gesù ha acquistato la proprietà di passare attraverso i muri? È divenuto un “pesce glorioso”? Il corpo di Cristo ha la prerogativa di assimilare a sé, di metabolizzare pneumaticamente gli alimenti?

 

- La veste di Gesù era pure passata attraverso i muri? Era una “stoffa gloriosa”?

Si badi che il problema è diverso da quello delle bianche stole dei beati. Di che cosa siano fatte queste ultime non ci interessa sapere. Il cielo è un mondo dove tutto è incorporeo (o meglio, di una “corporeità pneumatica”, per dirla con san Paolo, che vorrebbe far credere di saperla lunga in materia); mentre qui vi sono i grotteschi paradossi che scaturiscono dall’impatto del mondo materiale col corpo glorioso del Risorto.

 

Proprio per risolvere il problema della “conciliazione” tra le due dimensioni - terrena e celeste - in cui si muove il Gesù pasquale, di tanto in tanto l’apologetica tenta la carta della “non rappresentabilità” della sua condizione, affermando che “il corpo del Cristo risorto non si colloca nello spazio e nel tempo”.

È un’affermazione che va decisamente respinta. Per vedere Gesù, gli apostoli avranno pur guardato in una certa direzione; e Tommaso viene invitato a indirizzare il suo dito in un certo punto. La dimensione spaziale dunque c’era.

E per quanto riguarda il tempo, è un dato di fatto che il  Cristo risorto in un certo momento è nel cenacolo, mentre un attimo prima di essere visto dagli apostoli non vi è ancora, e un attimo dopo essere scomparso alla loro vista non vi è più.

Altrimenti dovremmo pensare a un puro effetto ottico; ma in tal caso non avrebbe più senso parlare di “vero corpo”.

 

Si badi che qui non è in discussione l’onnipotenza divina: Dio può in qualunque momento sospendere le leggi naturali, passando attraverso i muri e riacquistando subito dopo un vero corpo.

Ma resta il fatto che per rendersi percepibile a noi deve assoggettarsi alle leggi che regolano le nostre percezioni, le quali possono prodursi solo nelle kantiane “forme a priori” dello spazio e del tempo.

La conclusione è che certi “et-et” sono inammissibili per la contraddizion che nol consente: un corpo glorioso che mangia e viene toccato è una contraddizione in termini, ossia urta contro la definizione stessa di “corpo glorioso”.

 

Vale ancora la pena di ricordare che qualcuno, come padre Livio, arriva ad attribuire al Risorto l’ubiquità.

Da che cosa lo ricavi, non sappiamo. Le uniche apparizioni che potrebbero essere avvenute contemporaneamente sono quella ai due di Emmaus e quella a Pietro; ma non abbiamo alcuna indicazione che ci autorizzi ad affermare tale contemporaneità.

 

Un problema particolare, tra quelli posti dal presunto corpo glorioso del Risorto, è costituito dalle piaghe di Gesù.

Se egli è risuscitato come era stato sepolto, le numerosissime gravi ferite infertegli il venerdì santo dovrebbero essere ancora pienamente visibili: non solo quelle alle mani, ai piedi e al costato, che egli invita a guardare e toccare, ma anche quelle al capo e al volto (si pensi all’incoronazione di spine). Dovrebbe perciò apparire sfigurato; al massimo potremo concedere un processo di cicatrizzazione di due giorni.

Se invece Gesù ha riacquistato il suo corpo normale di prima della Passione, allora non dovrebbe avere la piaga al costato né quelle alle mani e ai piedi.

 

In altri termini: un Gesù “tutto bello”, quale sembra essere nelle apparizioni pasquali, ma con le piaghe classiche, non è mai esistito in quella realtà fisica in cui si vorrebbe reintegrare il Risorto.

Sono invece esistiti un Gesù “tutto bello” (fino al mattino del venerdì) e un Gesù col volto martoriato, ridotto a una maschera di sangue (Mel Gibson docet), e col corpo ricoperto di piaghe, tra cui – ultima a venire aperta – quella prodotta dal colpo di lancia.

Stando così le cose, la clamorosa dimostrazione offerta a Tommaso perde molto della sua efficacia, poiché la ferita in questione viene ad assumere valenza di caratterizzazione convenzionale, simile ad esempio a quella delle piaghe con cui vediamo raffigurato san Sebastiano. Il “realismo” della scena ne risulta fortemente diminuito.

 

 

La questione cruciale della riconoscibilità

 

Come si è detto, l’apologetica tende a indicare nella natura particolare del corpo del Cristo risuscitato la causa delle incertezze a volta clamorose che manifestano i testimoni nel riconoscerlo quando appare loro.

Senonché la Maddalena non ha affatto la reazione di chi si trova improvvisamente di fronte a un corpo “diverso”: semplicemente non riconosce Gesù, pensa che si tratti del “giardiniere”, ossia del custode del giardino. Forse che i giardinieri di regola hanno corpi gloriosi?

Siamo in sostanza di fronte a un fenomeno di fregolismo, non alla manifestazione di un corpo “spirituale ”.

 

E quel che si dice della Maddalena si può dire, a maggior ragione, per i due di Emmaus, che camminano e conversano per ore con Gesù senza accorgersi di nulla, e con lui entrano nel villaggio senza che alcun altro noti nulla di strano.

Successivamente diranno di aver sentito ardere il cuore in modo insolito durante la conversazione; ma ciò va chiaramente attribuito al contenuto dei discorsi di Gesù che spiegava loro le Scritture.

 

Possiamo quindi trarre una conclusione importantissima: se quello del Risorto è un corpo glorioso, tale corpo non si distingue in nulla, a colpo d’occhio, da un normalissimo misero corpo di carne. O meglio, ciò che lo distingue è, semmai, proprio la scarsa o nulla riconoscibilità: sembra il normale corpo di carne di un’altra persona (ad esempio, come abbiamo visto, del giardiniere o di un viandante qualsiasi).

Si verifica quindi la seguente situazione paradossale (per di più all’interno di uno stesso vangelo, quello di Luca): i due di Emmaus trovano che Gesù, con cui sono a stretto contatto per ore, abbia un corpo come tutti gli altri, ma non lo riconoscono (sicché si deve supporre che avesse anche voce e dizione diverse!); all’opposto, i discepoli a cui appare la sera nel cenacolo (forse presenti anche i due ora citati) lo riconoscono immediatamente, ma non gli attribuiscono un corpo in carne ed ossa, credendo di vedere uno spirito.

Abbiamo dunque, a distanza di pochi versetti, la massima divaricazione che si possa concepire tra le diverse modalità di presentarsi del Risorto.

 

Va detto comunque che le anomalie del comportamento di Gesù, che entra dalle porte chiuse e scompare prodigiosamente alla vista dei due di Emmaus, di per sé non hanno nulla a che vedere con l’ “aspetto” di un corpo glorioso: possono venire interpretate semplicemente come fenomeni di “sospensione momentanea delle leggi naturali”, fenomeni che possono benissimo verificarsi anche in un corpo di carne, come ad esempio nel caso di Gesù che cammina sulle acque.

Volendo sottilizzare, si potrebbe addirittura dire che il passaggio attraverso le porte chiuse può essere avvenuto in virtù di un intervento miracoloso che ha modificato la natura dell’ambiente (in questo caso la materia delle porte, o dei muri, cui avrebbe tolto l’impenetrabilità) anziché grazie a un particolare statuto del corpo che vi è passato.

 

Morale: le pericopi delle apparizioni alla Maddalena e ai due di Emmaus, se considerate obiettivamente, si rivelano non poco imbarazzanti.

Questo in primo luogo sul piano esegetico, perché mostrano quanto sia assurda la pretesa di giustificare le stranezze inaccettabili dei racconti di apparizioni pasquali con le caratteristiche del corpo glorioso del Risorto.

In secondo luogo sul piano teologico, per quanto riguarda lo statuto dei corpi dei beati, di cui il corpo del Cristo dovrebbe fornirci una sorta di saggio. Per i credenti che sperano di ritrovare in cielo i propri cari, infatti, la caratteristica più importante di tali corpi è - prima ancora che il loro statuto ontologico - la riconoscibilità (del resto, questo è proprio ciò che rende possibile la “Divina Commedia”).

La scarsa o nulla riconoscibilità del corpo glorioso del Risorto non può quindi non lasciare perplessi e delusi.

 

 

Quel che dice la Chiesa

 

La nostra esposizione della problematica sarà forse parsa piuttosto aggrovigliata. Invochiamo ad attenuante il disordine e la contraddittorietà delle testimonianze fornite dai testi.

Prima di tentare una conclusione, vogliamo dare la parola al Magistero della Chiesa, riportando estesamente quanto dice in proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica (con l’avvertenza che, come al solito, tutti i corsivi sono nostri).

 

Leggiamo innanzitutto che “è impossibile interpretare la Risurrezione di Cristo al di fuori dell’ordine fisico e non riconoscerla come un avvenimento storico” (§ 643): viene dunque affermata decisamente quella fisicità che, abbiamo visto, si pone in netta contraddizione con alcune manifestazioni del Risorto.

E ciò benché si affermi pure che “la risurrezione di Cristo non fu un ritorno alla vita terrena, come lo fu per le risurrezioni che egli aveva compiute prima della Pasqua”, perché “le persone miracolate ritrovavano, per il potere di Gesù, una vita terrena ‘ordinaria’. La Risurrezione di Cristo è essenzialmente diversa” (§ 646).

Ancora una contraddizione dunque, poiché la fisicità corporea esibita dal Risorto, semmai, invitava i testimoni ad attribuirgli proprio la condizione di chi è tornato a una vita “ordinaria”.

 

Vediamo infine quanto dice il § 645:

Gesù risorto stabilisce con i suoi discepoli rapporti diretti, attraverso il contatto e la condivisione del pasto. Li invita a riconoscere da ciò che egli non è un fantasma, ma soprattutto a constatare che il corpo risuscitato con il quale si presenta a loro è il medesimo che è stato martoriato e crocifisso, poiché porta ancora i segni della passione. Questo corpo autentico e reale possiede però al tempo stesso le proprietà nuove di un corpo glorioso; esso non è più situato nello spazio e nel tempo, ma può rendersi presente a suo modo dove e quando vuole, poiché la sua umanità non può più essere trattenuta sulla terra e ormai non appartiene che al dominio divino del Padre. Anche per questa ragione Gesù risorto è sovranamente libero di apparire come vuole: sotto l'aspetto di un giardiniere o “sotto altro aspetto” (Mc 16,12) diverso da quello che era familiare ai discepoli, e ciò per suscitare la loro fede.

 

 Qui le contraddizioni sono esibite a gogo.

Abbiamo già detto che è illusorio considerare le apparizioni del Risorto fuori dello spazio e del tempo.

Superfluo notare poi come sia problematico convincere i discepoli che il corpo “è il medesimo” di prima (ossia quello con cui essi hanno familiarità) apparendo sotto un aspetto “diverso da quello che era [loro] familiare”, per cui viene a mancare proprio la riconoscibilità.

E come può il nuovo corpo essere il medesimo di prima se ha delle “proprietà nuove” che ne fanno un corpo glorioso, per cui viene a mancare anche l’identità dello statuto ontologico?

 

In ogni caso, la prospettiva paolina del corpo spirituale richiede che sotto le mutate proprietà rimanga almeno la riconoscibilità, altrimenti la sbandierata identità del corpo carnale e di quello glorioso si riduce a un flatus vocis.

Il fatto è che “Gesù risorto è sovranamente libero di apparire come vuole”; il che significa che la tesi del corpo glorioso può venir affermata senza timore per il semplice fatto che qualunque dato che la smentisca verrà dichiarato irrilevante, in nome della sovrana libertà del Cristo di apparire come gli pare e piace.

Se non che, ripetiamo, tale libertà il Cristo l’ha sempre avuta, sospendendo le leggi naturali, come fa ad esempio nella Trasfigurazione; non è dunque una prerogativa del suo corpo risorto.

 

Comunque sia, sotto il profilo teologico dobbiamo accettare la verità paradossale che quello che il CCC definisce un “corpo glorioso” (e per san Paolo è “pneumatico”, ossia spirituale) è in effetti un corpo che Gesù stesso afferma esplicitamente essere composto di carne e di ossa!

Il che dimostra che in certi settori della teologia si può tranquillamente dire tutto e il contrario di tutto.

 

 

Conclusioni

 

La questione delle prerogative del corpo del Gesù pasquale, di per sé secondaria nella problematica della Risurrezione, finisce per acquistare un rilievo non indifferente per esigenze apologetiche.

Esigenze già presenti nella tradizione evangelica, che, piuttosto ingenuamente, vuole sottolineare al tempo stesso:

(1) l’obiettiva difficoltà di riconoscere il Risorto (il che serve a giustificare tante incertezze dei testimoni);

(2) lo scetticismo dei discepoli (per parare l’accusa di allucinazione, o comunque di credulità);

(3) l’attendibilità delle prove fornite da Gesù sia circa la sua identità sia circa la realtà (materiale, fisica) della risurrezione.

 

Tutti questi elementi sono di per sé non facilmente combinabili. Volerli poi armonizzare con la tesi del “corpo glorioso” moltiplica le incongruenze dei racconti pasquali, e di conseguenza le acrobazie dell’esegesi.

D’altra la parte, tale tesi ha una seria motivazione teologica, in quanto dà alla risurrezione di Gesù, “nostra primizia” in quanto vincitore della morte, il valore escatologico di un’anticipazione di quella che sarà la condizione dei beati; difficile quindi rinunciarvi.

 

Il risultato è un tale groviglio di contraddizioni – anche al più alto livello dottrinale, attestato dal Catechismo della Chiesa Cattolica - che l’apologetica pure in questo caso finisce per gettare la spugna, rifugiandosi nella consolante verità che “Gesù risorto è sovranamente libero di apparire come vuole”.

 

Certo, quand’è così, tutto va a posto. Bastava dirlo subito.

 

 

 

 

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