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Friday, 29 March 2024
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                              I beati mai vissuti

 

 

 

 

Una donna dà alla luce in media nel mondo tre figli destinati a superare il primo anno di vita (a sfuggire cioè alla mortalità infantile); ma quelli che concepisce sono naturalmente molti di più.

Il mancato annidamento dell’embrione nell’utero, gli aborti prodotti dalle cause più varie, le morti precoci - in una parola: la mortalità embrionale, prenatale e infantile - impediscono a un’enorme quantità di anime (forse i due terzi) di arrivare a vivere.

 

Dal che due corollari:

 

1) in paradiso (o all’inferno, come si pensava una volta; ma, fatte le debite distinzioni, il nocciolo del discorso non cambia) sarà presente una gran quantità di anime - probabilmente la maggioranza - che non avranno mai vissuto.

Certo, “in che cosa consista” la vita lo vedranno in Dio, in cui i beati vedono ogni cosa; ma è ugualmente bizzarro, e vorrei dire deprimente, il fatto che un enorme numero di spiriti con cui si condividerà la beatitudine eterna risulteranno totalmente privi di un vissuto personale, non avranno cioè mai sofferto, sperato, odiato, amato: non avranno mai provato un sentimento.

 

È in certo senso una disumanizzazione radicale della condizione beata: disumanizzazione negativa, in quanto prodotta non da un superamento, nello slancio della carità universale, delle passioni terrene, ma da una totale assenza di tali passioni.

Inoltre, se il ricongiungimento con le persone già amate in vita costituisce, come ci si assicura, un incremento di beatitudine, questi beati mai vissuti dovrebbero trovarsi in una mortificante condizione di emarginazione, di isolamento;

 

2) così stando le cose, la “logica della prova” - per cui Dio ci mette al mondo per farci partecipare alla vita divina, ma legittimamente vuole prima sottoporci appunto a una prova - ne risulta colpita al cuore: i privilegiati esentati dalla prova non sono più una piccola minoranza, e quindi un’eccezione giustificabile in un modo o nell’altro, bensì una pletora, probabilmente la maggioranza, tanto che rischiano di costituire la regola.

 

Sicché viene a configurarsi come eccezione proprio la condizione di chi vive effettivamente e responsabilmente la vita, impegnato a conquistarsi la beatitudine.

Quella condizione cioè per la quale Gesù si è tanto preoccupato di dare regole, e che ordinariamente ci viene presentata come l’unica possibile.

 

 

 

 

 

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